No silêncio desta sala
Está o meu segredo
Cedo à tentação
De o guardar mais um momento

15 secondi netti. Con questo verso apripista e una sponsorizzata su Instagram mentre scrollavo senza senso, Salvador Sobral è entrato nella mia vita senza più uscirci.
Colpita al petto dalla paid advertising; mai come questa volta sono stata felice di diventare un target.

Quello che però non avrei mai pensato è che un cantante scoperto in due mesi mi riportasse alle abitudini musicali di cui avevo dimenticato le sensazioni.

Salvador ha riportato alla vita le mie emozioni: lo ha fatto con sangue do meu sangue in cui ero scioccata di come la sua voce potesse penetrarmi così intensamente e lo ha rifatto con l’ultimo album bpm (acronimo di battiti al minuto, ndr) in cui mi ha cullato in un mare di memorie e di lacrime.
Mi ha riempito di vibrazioni positive che dopo averlo ascoltato per un sabato intero senza sosta, ho capito che sarebbe stato lui a celebrare il mio ritorno ai live 2021, dopo un intero anno di astinenza.

E così, in una ballata jazz, è successo quell’incantesimo che alimenta la vena adrenalinica da “nonchiamatemigroupie“: ho googlato il tour, cercato le date più interessanti, ho scelto un treno e ho comprato un biglietto per la sua esibizione al Festival de Pedralbes a Barcellona.

Salvador mi ha riportato a Barcellona dopo 10 anni.
Nella Ciudad Condal mi sono riappropriata di una Maria che sentivo di aver smarrito. Arrivata al Giardino di Pedralbes, ho respirato un’atmosfera magica e rilassante, fatta di lucine tra gli alberi, food truck che profumano di buono e gente con buena onda.

E girandomi dopo aver pagato una birra, ho incontrato Salvador prima dell’esibizione, tra migliaia di persone che erano venute ad ascoltarlo, come se fosse la cosa più normale del mondo incontrarlo, come se fossi a un Miami Festival.

E poi, dopo qualche parola scambiata, è salito sul palco e ha consacrato il concerto. Max Agnas ha iniziato a suonare il pianoforte e Salvador ha iniziato a giocare con delle intonazioni da nodo alla gola.
Il pubblico restava in religioso silenzio, senza rovinare il momento con un pathos che percepivo sulla pelle.
La musica è stata protagonista in ogni sfumatura: ho adorato la devozione di Salvador che usciva dal palco ogni volta che uno dei musicisti svolgeva un assolo. Ho adorato i suoi balletti come se fosse lui stesso uno spettatore. E poi le conversazioni con il pubblico in catalano, i pezzi briosi totalmente jazz, quelli in inglese e spagnolo (multilingua come me) e quelli in cui piangevo singhiozzando.

Salvador mi ha sbloccato e mi riportato alla vita come un vecchio valzer, a tutto ciò di buono che sapevo di fare e di essere e in cui avevo smesso di credere lungo questo anno e mezzo di apatia.
È come se mi avesse detto di tornare a ballare e a sorridere come ho sempre fatto perché nel frattempo la musica continuerà a suonare, trovando la sua strada.


#raccontamiunconcerto di Maria Zigrino