Renzo Rubino live 20.04.2024 al Vicious Store di Locorotondo

Devo uscire presto e gioire adesso
Rossetto, son pronto a catturarti
Il cosmo è troppo cosmo
Se non ha il tempo di pensarci…

Lo avevamo beccato tra i vicoli della sua Martina Franca, sul suo gozzo vagante a capo di ciurme fantastiche ma Renzo Rubino ci aveva lasciati con la bellezza scomposta e spettinata di un suo ritorno; ed è tornato così: “Il silenzio fa boom”! Quando si assiste alla presentazione di una “fatica artistica” c’è sempre quel velo di aspettativa che Rubino, sin dal primo istante, spodesta con la sua festa incandescente di colori e note. Quando lo si ascolta si tocca con mano il sincretismo. Una corrente scorrevole, fuggevole che fonde assieme tutto quello che può; è un meeting fra culture diverse che genera mescolanze, interazioni e fusioni fra elementi culturali eterogenei. Ma tutto, come d’incanto, riporta alla tradizione, alla terra. È così che la musica di Renzo diventa terreno fertile, battuto e sudato con devozione e amore: è humus. L’instore di Rubino ha trasformato il fazzoletto di strada del Vicious Store di Locorotondo in una corsa tra le stanze di ognuno di noi tutti; disabitate dalla memoria, svestite di ogni orpello ma pronte ad affollarsi sull’agorà in cui, tra la folla, selezionare i momenti del cuore.

Piacersi lontani dallo specchio
Senza essere perfetto…

Una raccolta distesa di anime scruta l’orizzonte: un uomo passeggia con un paffutello cagnolino e si blocca vedendo la folla, perplesso si guarda attorno cercando di capire che costa sta per compiersi. C’è chi abbraccia il proprio partner, chi cerca di annusare l’odore del vinile appena acquistato, chi sorseggia del buon vino e chi ridacchia. Un bambino, visibilmente emozionato, si avvicina lentamente al buon Renzo mentre sornione lo accoglie con una genuinità disarmante.
Sorrisi, abbracci che si tramutano in promesse; c’è il chiacchiericcio della micro Sbanda che accoglie il passeggiare dei curiosi mentre il buon Faco armeggia cercando di collaudare gli ultimi dettagli. È come essere all’interno di una bottega, tra artigiani. Con il vinile sottobraccio e la voglia di perdersi tra le stanze di Rubino; la folla è in attesa.

Quando tu tornerai da me
Sentirai le farfalle che si poseranno
Sui campi infiniti di domande…

D’improvviso lo stupore si è aggrappato forte alle ringhiere arrugginite dei ricordi; si è frantumato il cristallo delle illusioni per dare il benvenuto alla voracità, all’appetito dei sentimenti. Ci siamo persi sulla zattera mentre una lacrima ha custodito quel pensiero lasciato in quella nota che ha saputo consegnarci alla verità dalla quale sfuggivamo. Conosciuti e non ci siamo stretti forte nel sorriso accogliente di un artigiano della musica: sì, perché quello che tuona è quella sapienza di raccontare la fatica, l’attesa, la condanna e tutto il processo creativo che ha segnato la nascita di questo album. Un’esplosione di pace colorata.

E la mano segue il verso della carne sottoveste
E ci sbriciola da dentro…

Per chi segue Renzo dagli albori, forse, è stato come un tuffo nel passato: un fazzoletto di strada, il sorriso accogliente di chi ha maturato l’esigenza di raccontare solo quello che ha dentro e farlo nel modo più lucente possibile. Rubino è tornato con gioia e questo live è stato un coro festante di bellezza condivisa: tra aneddoti, confessioni e puntuali precisazioni; Renzo si è raccontato ma nelle sue parole, in fondo, ci siamo trovati anche noi.
Irripetibile, assordante, teatrale.
Renzo è così: un sorriso démodé, l’aria profonda di un sognatore d’alto livello e la semplicità di un bambino a cui piace credere nella magia dell’arte. Spiazzante, gioioso e mai banale.

Lasciami le mani, lasciami le mani adesso
che poi trasformiamo in sacro tutto quanto il sesso…

E così la piazza ha restituito, quasi antropologicamente, il costume della simbiosi tra sacro e profano. A passi svelti siamo andati incontro alle nostre croci, abbiamo scomodato santi e madonne pur di concederci la grazia di vivere in un tempo carnevalesco. Quel perimetro è diventato il nostro spazio di connessione: di corpi, mondi e materie. Repentino il collegamento con l’approdo in Puglia di Diego Carpitella del 1954 per le ricerche sulla musica e la tradizione orale. È palese il contatto con la tradizione, con la storia e i personaggi che hanno animato la vita del cantautore e che, in qualche modo, segnano le routine di molti. Il Sud che affascina, che resta mentre il vinile gira e suggerisce nuove prospettive. Finalmente ne ho compreso la potenza: siamo stati catturati da una friccicarella tensione verso l’altro. Una tensione generativa, libera e profondamente umana.

Sciogli i nodi del cuor
Sotto un pesco quaggiù
Il silenzio fa boom…

Abbiamo sorriso quando “La madonna della ninna nanna” ci ha ricordato le nostre marachelle, il tempo sospeso tra la paura del rimprovero e la bellezza della trasgressione: abbiamo percorso i vicoli dei nostri castelli di sabbia per trovarci a mezz’aria, sudati fradici e pronti a sentire il profumo di chi ci ha mostrato l’amore con la bellezza della premura. Sulle note di “San Donaci” ci siamo ritrovati ai piedi di un altare sconsacrato in mezzo ad un bosco in cui l’odore del desiderio ci ha condotti verso i cassetti impolverati delle parole taciute e dei desideri a cui non abbiamo avuto la caparbietà di dare forma. La traversata che abbiamo vissuto intensamente grazie alle note ci ha restituito la complessità fuggevole delle nostre esistenze. 

E così, quei calici al cielo ci hanno sollevato dal grigio, dalle notti insonni, dai tram in ritardo sospesi tra la maledizione e l’intolleranza. Abbiamo visto frantumarsi il desiderio per ricorrere bolle di sapone tra ninne nanne e ballate travolgenti. Ci siamo irritati quando l’immagine allo specchio ha mostrato una shilouette diversa da quella che crediamo di vestire. Abbiamo calzato una nuova luce, accogliente come il sorriso bonario del buon Rubino. E la musica ha invaso la strada, è rimbalzata tra il bianco sporco delle casuncole in pietra zampillando sulle cianche spalmate di pioggerella. E la musica ci è venuta ad abbracciare, è scesa tra la folla facendo una festa pazzesca. Abbiamo seguito il ritmo e ci siamo specchiati in una nuova dimensione. Dove tutto ha ripreso a muoversi si è affacciato con gratitudine il passato accomodato sulle note de “Il Postino. Amami uomo”.
E poi abbiamo visto il mare scivolarci sulla pelle, siamo stati sommersi dalla meraviglia: d’improvviso siamo saliti su quel gozzo e abbiamo cercato il tramonto per vedere il rossore spegnersi soffice nel manto caldo di una notte piena di luce.

Avvinghiati nell’abbraccio, senti il peso dell’eterno

Rubino ha sospeso il tempo. Una bolla di sapone ci ha catturati ed abbiamo perso la cognizione dello spazio e del tempo. “Patchouli (resta)”, una ballad con un ritornello corale: ci ha sporcati tutti d’amore. Un amore imperfetto ma potente, capace di essere resiliente. Un amore che resta nonostante tutto. È stato un dono preziosissimo ascoltare live questo brano che soffia sulla pelle come una carezza e punta dritto al cuore, lo frantuma in mille pezzetti d’argento e si riveste di profonda libertà. Il colpo di grazia, però, è arrivato quando sembrava tutto finito. Un duetto con un signore tra la folla sulle note di “Cara” di Lucio Dalla: trattenere le lacrime è stata un’impresa ardua. C’è stato un istante in cui mi è parso di sentire l’odore dei croissant appena sfornati alle prime luci dell’alba tra le stradine del Pigneto. È stata una scossa al cuore indomabile. Il potere della musica, la brezza di una promessa affidata al vento.

Sbriciolare tutte le paure
Darle in pasto ai pesci e poi ricominciare a tirare i calci a tutti quei palloni …

Erano trascorsi sette anni dall’ultimo album di Renzo e abbiamo attraversato con lui il desiderio del ritorno. Con la luce brillante negli occhi e il cuore pieno di scintille, un applauso accogliente si è rarefatto nella promessa di “ritrovarsi” in giro in questo altrove colorato che segue le vibrazioni poliedriche di Renzo Rubino che solcheranno i mari grazie al consueto appuntamento con “Porto Rubino” ed inonderanno molte piazze sparse qua e là.
E voi siete pronti a far festa?
A tingervi di lucente colore? 


Raccontami un concerto di Rosa Elenia Stravato