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Raccontami un concerto

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  • Antonio sale sul palco della Cavea e il concerto parte con il turbo: una canzone via l’altra, niente pause, niente discorsi. Resto sorpresa, lui si è sempre raccontato e mi manca l’empatia che si crea quando parla al suo pubblico. Però lo capisco: c’è un nuovo album, nuovi arrangiamenti, le canzoni troppo belle per non essere suonate sono troppe. Antonio macina brani, riempie l’aria con la sua voce cristallina, divora il palco e incanta con la sua eleganza, e io intanto me ne sto con il cuore indifeso e mi stringo tra le braccia per placare le ondate di pelle d’oca.

La scaletta è fittissima, un’improvvisa raffica di emozioni a cui non sono del tutto preparata. Sarà il mio suo trentesimo concerto, ma ancora non mi abituo. È la prima volta che sento l’album nuovo dal vivo… lo avevo già consumato su Spotify, ovvio, ma così è tutta un’altra cosa. È una magia, una serie di colpi di fulmine, nuove “canzoni preferite” che non mi ero accorta fossero COSÌ belle.

Ci sono pochi artisti che mi leggono dentro come fa Antonio, e con i brani dell’ultimo album ci riesce con una precisione quasi millimetrica. Parla di Roma, dei mesi in cui è rimasto bloccato in questa città, quando doveva starci solo una settimana. Ho vissuto la stessa cosa, in quegli stessi mesi, quando la vita mi ha portata a Roma in piena pandemia. Ho sperimentato la stessa solitudine, l’estraniamento, la crisi interiore, il bisogno viscerale di amicizia, ogni cosa che sento urlare dentro queste canzoni.

Vorrei alzarmi e ballare, sfogare l’energia che questa musica mi genera dentro. Per fortuna al bis il pubblico si alza e io corro sotto palco. Un breve assaggio dei concerti in transenna, quando Antonio cercava tutti con lo sguardo e cantava guardandoti negli occhi. Ma non basta. Come ogni bis, dura troppo poco. Torno a casa con le canzoni ancora in gola, con il desiderio irrefrenabile di scendere dall’auto e ballare, di gridare nella notte e raccontare a tutti la scintilla che è scattata con i pezzi nuovi.

[27/07/23 @diodatomusic, Auditorium Parco della Musica, Roma]

📝 #raccontamiunconcerto di @lamillyfiore 

#nonchiamatemigroupie #diodato #auditoriumparcodellamusica #roma
  • La mia prima volta allo stadio Olimpico. 
Enorme, immenso: una fiumana di gente, il nord di Roma bloccato e mezz’ora di cammino attorno allo stadio solo per raggiungere il Gate d’ingresso. Per me è incredibile vivere tutto questo per un concerto, ancora di più se penso che sto andando a sentire i Pinguini Tattici Nucleari e che solo pochi anni fa mi inerpicavo sulla Roncola per un concertino alla sagra della Taragna.

Non voglio scadere qui nella retorica del “ero fan quando non li conosceva nessuno” - è da anni che li seguiamo e raccontiamo la loro ascesa tappa dopo tappa. Ma come posso tralasciare lo strizzone allo stomaco che mi prende appena raggiungo la tribuna stampa e vedo da lassù quel palco immenso e tuuutta quella gente?!

La prima metà del concerto la passo così, con la bocca spalancata, a prendermi a pizzicotti, a ripetermi che sta succedendo davvero, che sono proprio loro, è un concerto vero e non un film.
E poi, inaspettato, un calore mi avvolge come una coperta soffice e mi entra nel cuore: è l’accento della mia infanzia che sale dagli spalti e mi fa sentire a casa. Nell’Olimpico rimbomba un’eco bergamasca e l’intero stadio canta “Bergamo” - proprio qui dove le tifoserie della Roma e dell’Atalanta solitamente si odiano e si insultano - e guardo fiera i miei compaesani che hanno conquistato Roma con la loro semplice genialità, con quello spirito buono e genuino di chi è nato dalle mie parti. 

È uno spettacolo incredibile e ho una visuale perfetta, ma soffro un pochino a vedere tutto da sù, seduta al fresco e comoda come al cinema. Vorrei starmene sottopalco, a saltare e pogare come una volta. Per fortuna replicano la sera dopo e decido di tornare, stavolta sul prato, con 40 gradi di temperatura e le lingue di fuoco della scenografia a un palmo di naso, a sudare immersa tra la gente per sentirmi di nuovo e ancora di più abbracciata da quelle canzoni che sanno di casa mia.

[23/07/23 @pinguini_tattici_nucleari, Olimpico, Roma]

📝 #raccontamiunconcerto di @lamillyfiore

📸 @robertopanucciphoto

#nonchiamatemigroupie #pinguinitatticinucleari #stadioolimpico
  • Questo è il racconto di una serata assordante.
Una di quelle che ti entrano dentro e ti abitano, spogliano di ogni schermo protettore e ti scavano nel profondo. Il vento tra i capelli mentre l’auto sfreccia verso il Medimex di Taranto, l’adrenalina a mille perché sentirai live quella voce. La voce che, anni prima, non sapevi che volto avesse e che
fosse così profondamente unica al mondo. Il tramonto che si frantuma nel mare, la salsedine che viene a solleticarti la pelle mentre sorseggi un boccale di birra semifredda e ascolti il chiacchiericcio di chi, come te, è perso nel momento che precede lo stupore.
Una scena deserta che, man mano, si popola di pannelli e luci soffuse.
Il silenzio quasi mistico della platea pronta ad accendersi sotto quei fari che promettono la giusta ricompensa. Un manto di nuvole avverte l’esigenza di nascondere la luna che, prontamente, si sveste della sua sacralità per danzare al ritmo che riempie lo stage.

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Leggi il resto del racconto sul sito.
Link in bio e nelle storie. 🔗

[16/06/23 @diodatomusic, Medimex, Taranto]

📝 #raccontamiunconcerto di @rosaeleniastravato

#nonchiamatemigroupie #diodato #medimex #taranto
  • L’estate sta finendo… ma hai presente le canzoni che, riascoltate dopo tanto tempo, ti sbloccano il ricordo di un periodo preciso della vita? ☀️Ecco qui i brani che ci ricorderanno per sempre i momenti più belli di questa estate 2023! 🏖️

Scrivici qui sotto i tuoi (brani e ricordi compresi) 👇🏻
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#bellissimissima #italodisco #discoparadise #occhialidasole #altamarea #parafulmini #hitestiva #canzoniestive
  • “Non sapevo fosse il tuo cantante preferito”, mi dice Milly mentre io scalpito stretta nella mia sediolina da parterre in attesa del concerto.

Avete presente quando bastano le prime note di una canzone per sentire il cuore che scoppia? Ecco, immaginate un live tutto così. Quasi due ore filate in paradiso. Le canto tutte, ma sottovoce. Non voglio perdermi nulla, nessuna inflessione della voce, nessun dettaglio. Per due ore il resto del mondo non esiste. C’è solo quel palco, quella voce, quelle canzoni. Torno in me giusto in tempo per videochiamare i miei su “Father and son”. Quella stessa “Father and son” che mi fece ascoltare mio padre in macchina una quindicina di anni fa. La stessa che ascoltammo insieme dal vivo quasi dieci anni fa. 

Non so quando è diventato il mio preferito. Dopo il colpo di fulmine con “Father and son”, qualcosa deve essere cresciuto in me, lentamente. Ho scoperto “Wild World”, che anni dopo avrei dedicato a uno svizzero tutto sorriso conosciuto in Brasile, poi “The first cut is the deepest”, ascoltata pensando al primo amore adolescenziale. Con “Matthew & Son” ci ho preparato la maturità, “If you want to sing out, sing out” è la mia inesauribile fonte di positività. Ogni canzone è incastonata tra i miei ricordi più preziosi. 

“Non sapevo fosse il tuo cantante preferito”, dice un ragazzo dietro di me al signore che gli è accanto, a fine concerto. Io mi volto, sorrido, siamo già amici. 

Il ragazzo ha portato lo zio a quel concerto senza sapere cosa significasse Cat Stevens per lui. “È stato la colonna sonora del mio matrimonio”, confessa. Quarantotto anni di felice matrimonio con la sua Mariella, racconta con occhi lucidi. La Mariella che oggi non c’è più e che se ci fosse sarebbe di certo accanto a lui, amante della musica ed entusiasta della vita com’era. Io e Milly pendiamo dalle sue labbra mentre ci racconta di Cuba, del Brasile, delle centinaia di vinili che oggi non ascolta più. Per i troppi ricordi, immagino. Perché essere felice senza di lei non è lo stesso. 

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#raccontamiunconcerto di @michiamofedericasessa
ph. Musacchio/Ianniello/Pasqualini/Fucilla
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