#nonchiamatelaintervista di Federica Sessa

Quando ci propongono di intervistare Bais, ci basta ascoltare i suoi due singoli – “Milano” e “La Luna al Sole” – per convincerci subito: ci piace la voce, il sound jazzato, il mood nostalgico. D’altronde, qui a Non Chiamatemi Groupie facciamo tutto di pancia: se una cosa ci piace, ci buttiamo.

Così pochi giorni dopo mi ritrovo all’Ohibò davanti a questo ragazzo alto, magro, capelli lunghi e una treccina di cui, dice, va molto fiero. Dopo le dovute presentazioni, mi siedo sul divano accanto a lui e, mentre si gira una sigaretta, iniziamo a fare due chiacchiere. Vorrei chiedergli come sta, se è agitato per il live, ma lo vedo già un po’ in para, così evito e parto dalle basi:

Chi è Bais?

Bais sono io, è il nome del mio progetto, oltre che il mio secondo cognome.

Lo guardo rollare e penso che vorrei girarmene una anch’io, ma provo a fingere professionalità e vado avanti con le domande. 

In svariate interviste hai raccontato il modo in cui è nata “Milano”: tu da solo sul divano che canticchi un motivetto e poi, un anno dopo, arriva la canzone così come la conosciamo. Com’è nata invece “La Luna al Sole”? 

Le mie canzoni partono tutte da giri di chitarra e poi io inizio a cantarci sopra. Questa credo sia nata addirittura prima di Milano, ed è nata in inglese. All’epoca non avevo ancora fatto il grande passo verso l’italiano, poi dopo l’ho rielaborata, ho iniziato a trovare le parole giuste in italiano e così è nata la storia.

“La Luna al Sole”, descritta come un “viaggio alla ricerca di luce e amore”, suona alle mie orecchie come un canto d’amore ad un amore finito. Un brano che ripercorre in un flusso di coscienza tutte quelle azioni che bisogna re-imparare a compiere dopo la fine di una storia. Stessa dimensione nostalgica e solitaria che troviamo in “Milano”, singolo d’esordio di Bais che, per ovvi motivi biografici, mi è entrata in testa e nel cuore al primo ascolto. “Milano, un po’ ti odio e un po’ ti amo”: un motivetto che mi è ronzato in testa per giorni…

Arriviamo ora a “Milano”: mi ci sono ritrovata molto, anch’io vivo qui e ho un rapporto odi et amo con questa città, molto simile a quello che descrivi tu. È ancora così contraddittorio il tuo rapporto con Milano o a un certo punto ci si abitua?

Sai, io ormai vivo qui da sei o sette anni. Durante il periodo universitario tutto è diverso, hai un approccio diverso alla città. Poi dopo… no okay, dopo è uguale, se non peggio (ride). Ma mi va bene, è così in tutte le grandi città.

Parliamo invece del video di “Milano”: ci sono aneddoti interessanti? Qualcosa di particolare che vi è successo mentre giravate?

Stavamo girando una scena del video nella metro lilla, e pensavamo non ci fossero problemi nel girare, no? Ecco, era mattina, scendiamo a San Siro o forse la fermata dopo e arriva il controllore a dirci che ci avevano visto dalle telecamere e che non si poteva girare. Sai, per questioni di sicurezza, terrorismo. 

E poi…? Multina?

Ma no, niente multa, gli abbiamo detto che avevamo finito e ce ne siamo andati.

Torniamo alla musica: sono usciti i tuoi primi due singoli, e adesso? Cosa succederà?

Tra poco uscirà il terzo singolo e poi arriverà il mio primo disco, credo inizierò a produrlo in primavera e chissà, in estate potrebbe già uscire…

Ho ascoltato Bais per la prima volta in ufficio e, tra un file excel e l’altro, ho distrattamente appuntato su un foglio di carta “triste ma felice”. Dopo un po’, immersa nel mio ascolto compulsivo, ho cancellato “triste” sostituendolo con “malinconico”. Quando mi sono trovata davanti i comunicati stampa, ho sorriso e pensato “dai, allora ci ho capito qualcosa!”. Si aprono tutti infatti con la stessa descrizione: “un fiume malinconico ma sereno”. Racconto a Bais questo piccolo aneddoto, con una punta d’orgoglio.

Se ci fai caso, sereno è un po’ la giusta sintesi tra triste e felice… e comunque l’ho scritta io quella descrizione. Me lo sono auto-detto!

Beh, descrizione perfetta! Ma viene spontaneo chiedersi… i prossimi pezzi, saranno anche loro “malinconici ma sereni”?

Il terzo pezzo sarà la giusta sintesi tra Milano e La Luna al Sole, sicuramente per quanto riguarda il sound, la produzione. Dei tre è forse il più triste, anzi, direi disperato… ma sempre sotto una veste serena.

Finite le domande di rito, arriva il momento che preferisco. 

Noi abbiamo una rubrica che si chiama “raccontami un concerto”, in cui parliamo dei concerti che più ci hanno colpito. Se tu dovessi raccontarcene uno, quale ci racconteresti?

L’ultimo a cui ho assistito e che mi è rimasto più impresso è quello di FKA Twigs al Fabrique di qualche mese fa. La cosa che ricordo di più sono i cinque minuti di applausi che ci sono stati ad un certo punto, non avevo mai visto una cosa del genere a Milano. Super!

E adesso: qual è la tua #nonchiamatelafissa del momento? Un brano che stai ascoltando in loop nell’ultimo periodo..?

L’ultimo disco di Mac Miller. Ci sono tre pezzi, uno dopo l’altro, che ascolto a ripetizione due o tre volte al giorno.

Finita la nostra chiacchiera, lascio Bais in camerino e mi dirigo verso la sala concerti. Poco dopo sale sul palco, io mi piazzo in un angolino in prima fila e lo ascolto incantata, lasciandomi trascinare dal fiume malinconico ma sereno della sua musica.