2 febbraio 2019, Teatro degli Arcimboldi.
Un biglietto caduto dal cielo di una delle sue più grandi fan, Milly, che lo segue in lungo e in largo. Io, soprattutto quando non conosco, mi lascio trascinare. Poi al massimo decido che non fa per me.
Mi ha convinta soprattutto perché mi ha detto che era un progetto particolare e che vedeva la collaborazione con un quartetto: quando ho sentito il nome degli Gnu Quartet, che io seguo appena posso, non stavo più nella pelle.
Qualunque spettacolo veda la loro presenza in scena, ne viene assolutamente arricchito. Io poi penso che gli archi siano stati creati da un essere superiore per farci godere. Mi ricorderò sempre della versione di Telegram di Hyperballad… gioia pura.
Come al solito per rispetto verso musicisti e musicofili non arrischierò nessuna recensione tecnica. Vi parlerò della magia che può creare un impianto scenografico semplice ma d’effetto, del fruscio meraviglioso che fa il sipario quando si apre e si chiude e di un teatro dall’acustica meravigliosa che credo sia il mio preferito in assoluto, seguito a ruota dall’Auditorium del Lingotto e dal Palaisozaki. Ogni volta che vado all’Arcimboldi, persino in piccionaia riesco ad avere dei piccoli orgasmi musicali. Potrei parlarvi anche della bellezza dei cori del pubblico: tanti, perfetti, prolungati. Mai sentite così tante persone sapere tutte le canzoni. Per un musicista dev’essere un’emozione fortissima che non può essere paragonata al più sonoro degli applausi. Potrei anche parlarvi dell’orgoglio, per una che si perde anche in casa, di aver raggiunto l’Arcimboldi da sola e ritorno. E anche del viaggio sotto la pioggia battente vestita di pasta di pane, perché sbaglio sempre abbigliamento e porto sempre l’ombrello quando non serve.
Oppure della delusione nel non riuscire ad avere nemmeno la scaletta del mixer perché i backliner sanno benissimo come ignorarti, se sono stanchi e devono ancora smontare il mondo. Anche se cerchi di fare quella faccia da cane profondamente inconsolabile a cui nessuno riuscirebbe a resistere, ma che su di un volto umano non sortisce lo stesso effetto. Confido ancora nella bontà d’animo di Roberto Izzo, non solo perché amo il suo violino come una ragazzina alla prima cotta adolescenziale, ma perché è una persona squisita con cui si può parlare di tutto.
#raccontamiunconcerto di Chiara Francese