Sabato sera, Canale 5, C’è Posta per Te. Io sono sotto la coperta in pace, ma sul mio viso compaiono prima una e poi altre lacrime.
Siamo tutti sensibili, abbiamo tutti una storia che ci rallegra o ci massacra. In questo caso, una brutta storia condita da un regalo, una rinascita, la forza di una madre, il coraggio di una figlia. E io che piango mentre mi sta simpatico pure Irama.
La figlia si sventola con le mani per non piangere, io tiro su con il naso.
La storia di una canzone, quella che il mio nuovo cantante simpatico dedica alla protagonista del mio sudore lacrimale. Il sentirsi soli nelle nostre case, sentirci lontani, lontani dagli affetti, da un abbraccio, da un «ti voglio bene mamma», da un «ti voglio bene» a chi si ama. Irama che mi sta simpatico, io che so che Irama è là per starmi simpatico, io che mi bacio le labbra per bere le mie lacrime. La storia finisce, la pubblicità mi fa spegnere la tv, dormo.
La domenica sera un amico a casa racconta di come gli vanno gli affari durante questa pandemia e dice: «la pubblicità è importante, anche se poca è meglio farla, qualcosa ottieni sempre».
Un Giorno In Più è una di quelle canzoni che vorrei cantasse Samuel o Maria Antonietta, i miei cantanti preferiti, per amarla alla follia. Ma la canta Irama, che, nonostante tutto, non mi sta poi tanto simpatico.
#nonchiamatelafissa di Paolo Pavel Porsia