In questi mesi di vuoto, silenzi e incertezze, la musica è l’unica cosa che mi sta salvando. È un guscio per ripararmi, l’isola dove ritrovare la mia normalità.

Per fortuna ne è uscita tanta di musica, ma giovedì scorso, quando Aimone ha annunciato un nuovo pezzo, il cellulare ha iniziato a squillare più del normale e le chat di Whatsapp si sono animate.

A mezzanotte eravamo tutti radunati, virtualmente, per cliccare “play” e condividere le emozioni. Tutti insieme come succede ai concerti: un istante della mia normalità.

Sapevo che, più di chiunque altro, i FASK avrebbero scattato una fotografia molto precisa delle mie emozioni. Le loro canzoni sono cuore e sincerità avvolti da ritmo e note; ti entrano nel petto e strappano fuori ogni mostro che tieni nascosto, danno voce alle tue paure e ti aiutano a ritrovare il coraggio.

Per questo mi sono rifugiata in “Come conchiglie” e ho deciso di usarla come scudo nel viaggio di ritorno verso casa, la mia Bergamo ferita. L’ho ascoltata a ripetizione mentre passavo per le strade della mia infanzia, quelle arterie che ho visto sanguinare di bare, quando ero lontana e piena di un dolore incredulo e impotente. Mi ci sono aggrappata, ferma al semaforo, mentre osservavo il quadro surrealista intorno a me: manifesti che pubblicizzano ancora eventi di inizio marzo, Città Alta splendida e immobile, i Propilei vuoti, il Sentierone silenzioso.

Un vuoto che schiaccia il cuore, un silenzio che strilla troppo forte…e il mio scudo: la speranza che arriva dalle casse: “Ci sarà ancora qualcuno all’ascolto che non si arrende al vuoto che c’è intorno?”

Quando ha presentato il pezzo, Aimone ci ha chiesto di prendere la parte che parla di noi e di condividerla. Fast Animals and Slow Kids, questa è la fotografia che avete scattato dentro di me.

#nonchiamatelafissa di Maria Laura Fiorentini